Uno spazio dove tornare a respirare

Sono trascorsi un po’ di mesi dall’articolo precedente. Mesi in cui (mi) è successo di tutto, mesi in cui lo stesso blog ha subito qualche rimaneggiamento e qualche ripensamento. Ha cambiato più volte stile, nome e indirizzo web.
Alla fine però sono ritornato a scrivere e a voler condividere ciò che scrivo, che è ovviamente il frutto di ciò che penso, desidero, sento e sono. Sono tornato a tirar fuori quello che per troppo tempo ho tenuto dentro di me perché ero convinto di non aver nulla di interessante da dire. Una convinzione nata dal non sentirsi mai abbastanza: mai abbastanza forte, mai abbastanza bravo, mai abbastanza cool.

In mezzo c’è stato un ricovero a Lucca in una struttura per la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Un’esperienza complicata ma che si è rivelata per me assai preziosa perché mi ha aiutato a fare chiarezza su di me, su chi sono veramente, su cosa desidero di bello e di buono, su quale cammino di liberazione interiore fosse necessario. Un’esperienza in cui forse per la prima volta mi sono sentito accolto per quello che sono senza essere giudicato. Per tutt* ero solo “BRO”, un fratello tra tante sorelle e qualche altro fratello. E poi, quando si è tutti sulla stessa barca e si rema nella stessa direzione, questa “ciurma” ti accompagna, ti guarisce e ti restituisce alla vita.

E così sono tornato a respirare, ho ripreso fiato, sono finalmente vivo.

Ecco il senso del nome che ho scelto ora per questo piccolo blog senza pretese. ἀναπνέω (Anapneō), un termine del greco antico che significa appunto respirare, tornare a respirare dopo un’apnea prolungata,vivere e/o tornare a vivere.
Cerco così di continuare a respirare e offrire, a me e a chi vorrà leggermi, uno spazio in cui far circolare aria pura, idee non convenzionali, la bellezza della letteratura e dell’arte, la possibilità di accedere al nostro io più profondo che chiede di essere amato e guarito.

A Lucca mi è stato dato un nome, “BRO” appunto. E non è stato un male, anzi!

Scrive F. Armellini: «Dio ama cambiare connotati e nome alle persone, alle città, ai popoli. Ha chiamato Abramo, Sara, Giacobbe, Simone e ha dato loro un nome nuovo. Ha trasformato Gerusalemme – la città in rovina, “la schiava”, “la vedova triste e avvizzita” – in una città chiamata “Leggiadra”, “Gioiello”, “Pace della giustizia e gloria della pietà”. Noi forse ci sentiamo irrimediabilmente incatenati a un nome che [pensiamo] di meritare: “Alcolizzato”, “Tossicodipendente”, “Schiavo del gioco”, “Corrotto sessuale”, “Infedele”, “Disonesto”, “Inaffidabile”.  

E’ la condizione infelice dalla quale Dio ci vuole liberare.

Egli viene per rivelarci il nome con il quale ci chiama da tutta l’eternità Con quale nome potremmo indicare la nostra nazione, la nostra comunità cristiana, la nostra famiglia? Le chiameremmo: luogo di pace, di condivisione, di giustizia, di fratellanza o attendiamo che il Signore le visiti e dia loro un nome nuovo? Dando all’uomo la libertà Dio ha rischiato molto: si è collocato nella condizione e nell’eventualità di vedere il suo amore rifiutato. Ma se ha deciso di giocare questa partita è difficile immaginare che possa uscirne sconfitto. Un giorno chiamerà ogni uomo con il nome nuovo che il suo amore avrà indicato».

No, non è stato assolutamente un male.

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